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NOV 15 2015
Vive la France
La Francia è stata colpita da una tremenda tragedia e tutti noi con essa. A fronte dell’attacco del 13.11 si sente parlare più di prima della necessità di agire con “sangue freddo”. Questi termini indicano l’orientamento a costruire rappresentazioni corrette, per quanto possibile, che permettano di prendere le decisioni più ecologicamente utili, dove “ecologicamente” significa, semplificando molto, “migliori per tutti”. L’aspetto decisivo è proprio il tipo di approccio che si pone su un altro piano rispetto alle considerazioni di ordine emotivo o etico. L’Analisi Transazionale Integrata chiamerebbe questo approccio “Adulto”, ovvero assunto sulla base di dati di fatto rispetto agli altri due possibili, quello del “Genitore” e quello del “Bambino”. Logos e téchne quindi, piuttosto che ethos (possiamo dire “teoria del vivere” = etica) e pathos (emozioni). Perché ho deciso di scrivere alcune righe sulla tragica vicenda, io che non sono un politologo? Perché non ho visto e non vedo ancora diffusa una chiarezza nella rappresentazione della situazione che deriverebbe, a mio avviso, dall’applicazione di quello che, appunto, definisco approccio adulto. Quindi: …
  1. Siamo onesti, dall’11 settembre, per quanto ci si sia sforzati, qualche dubbio sulle persone di origine islamica, qualche paura o irrazionale sospetto, l’idea che il loro avvento non sia stato questo grande arricchimento (anche perché non sempre sempre molto interessati ad integrarsi), qualche antipatia per la riluttanza, in alcuni casi, ad adattarsi alle nostre leggi e consuetudini (crocefissi, veli che coprono la faccia, ecc.), il disgusto con il quale guardano alcuni nostri cibi, le considerazioni che a volte riteniamo facciano sulle donne “occidentali” per come pare trattino e “orientino” le loro, le vicende legate alle violenze che ufficialmente si sa che vengono compiute nei confronti soprattutto, sempre, delle donne, le vicende sempre ufficiali che raccontano di marines americani ribellatisi alla consuetudine per cui i capi-villaggio possono violentare bambini e bambine; beh, tutto ciò, per quanto si sia degli intellettuali che non cadono nel populismo, per quanto i delitti, di ogni tipo, accadano anche da noi, per quanto ci si dica che nessuna cultura è superiore ad un’altra, tutto ciò, dicevo, non è proprio che abbia reso naturale il sorgere di una certa simpatia. Ma se noi abbiamo maturato questo sentimento nei loro confronti per quale motivo dovremmo pensare che in loro sia sorto un sentimento affatto diverso? Qual è il sentimento diffuso che provano nei nostri confronti? Cosa produce un sistema scolastico che promuove le lettura di un solo testo, il Corano, che come la Bibbia è farcito di violenza e di chiusura nei confronti delle altre religioni e degli “infedeli”? Se è vero che la storia viene insegnata spesso, in medio oriente, attraverso racconti non collocati in un contesto temporale preciso, che sentimento sorge per chi non ha chiaro che le crociate sono successe 1000 anni fa e non 50 (guerre religiose dove, da ambo le parti, se ne sono combinate “di ogni” e dove i Cristiani hanno forse dato il peggio di loro, ma no dai … si è fatto anche di più!)? Ho l’onore di avere un amico mussulmano, di nome Alì (non è una burla, è vero). È una delle persone più oneste, dolci, disponibili che abbia conosciuto … ma gli americani non gli piacciono molto e non capisce come io abbia potuto leggere le migliaia di libri che ha visto a casa mia.
  2. C’è un problema legato alla leadership della fede religiosa islamica: non essendoci un leader riconosciuto a livello planetario ogni Mullah è un Papa anche perché il Corano è un testo ininterpretando (ovvero va preso alla lettera). Come nella Bibbia vi sono molti “inviti alla violenza”; non facciamoci illusioni, l’altro testo delle “monoteiste” non è Cappuccetto rosso. Peraltro i contenuti di quest’ultimo testo sacro (ma non è che possiamo farne a meno di questi testi sacri e delle correlate religioni … per Dio?) ha prodotto secoli di inquisizione e tragedie coloniali le cui vicende si fa fatica a leggere per lo sgomento. Alla fine chi predica la violenza sotto la (una) bandiera islamica a chi pone dubbi può dire: “Ma non lo dico io, leggi il Corano!” Meglio sarebbe eleggere arbitrariamente un capo religioso “interinale” che provochi una discussione aperta sui contenuti e sulle modalità che permettano di essere un buon islamico (senza dover sterminare chiunque non lo sia) fino a creare una produzione di “encicliche ufficiali” che riportino la religione a quello che dovrebbe essere (per chi ne ha necessità): uno strumento di elevazione spirituale.
  3. Non pensiamo che il pacifismo risolva le cose: in teoria dei giochi, come nella vita, in un gioco competitivo non ha alcun senso rinunciare ad ogni strumento di influenza. La cultura della pace si diffonde lentamente quando non si diffonde quella dell’interesse e della guerra. Pensare che il male possa essere sconfitto è un errore gnoseologico oltre che filosofico: se non c’è il male non c’è il bene!
  4. Rendiamoci conto degli interessi in campo, se no facciamo i babbei: chi vende armi e le compra col petrolio, chi vuole il petrolio escludendo un concorrente, chi vuole restare al potere,  che vende l’addestramento militare. Tutto per il proprio unico tornaconto.
  5. Ricordiamo: gratis non esiste, gratis vuol dire che paga qualcun altro. Se vogliamo qualcosa dovremo impegnarci e impegnarsi vuol dire pagare per qualcosa. No pain no gain era il motto delle palestre negli anni ’80, semplice ma preciso (cinico direi, nel senso degli amici di Diogene); basta ipocrisia: non possiamo avere la vita tranquilla, il benessere, la sicurezza, la libertà senza combattere. Sul pianeta ogni cosa va verso un’entropia di corruzione. Per far andar meglio le cose può essere necessario combattere … con consapevolezza, chiarendo gli ideali e gli obiettivi. Io ho mille debolezze e paure ma, stranamente, non quella di morire. Per mio figlio e per i nostri ragazzi morirei con gioia.
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